martedì 6 ottobre 2015

L'intransigenza di Paolo Calabrò. Recensione di Marco Chiesa per «Piego di libri»

Il romanzo di Paolo Calabrò (pubblicato da Il Prato Editore) è un giallo che si caratterizza per la sua commistione con la filosofia. L’autore è uno studioso di materie umanistiche, è redattore della rivista “Filosofia e nuovi sentieri”, ha già pubblicato due libri su temi filosofici e scrive abitualmente articoli per riviste culturali. In questo libro è alla sua prima prova da romanziere.
Sembra quasi che abbia voluto sperimentare con un genere di massa, vedendo se i concetti filosofici a lui cari possano in questo modo trovare nuovo pubblico, a digiuno dell’opera dei grandi pensatori. Tuttavia non è da escludere, semplicemente, che sia il primo di una serie di gialli/noir: non per nulla il sottotitolo è al plurale.
Ma qual è allora l’elemento filosofico inserito in queste pagine? Abbiamo più di un indizio: il Dio perverso. Già, l’espressione suona blasfema! Tuttavia bisogna capirne il senso, rifacendoci alle teorie filosofiche esposte da Bellet, di cui Calabrò è studioso e divulgatore.
Il Cristianesimo è una religione dell’amore. Emerge lo stravolgimento della figura di Dio che da essere amorevole e dalle infinite virtù diventa, col passare dei secoli, punitivo e crudele nei riguardi del povero essere umano. Il quale può non solo assoggettarsi completamente, rinunciando di fatto a vivere per non disobbedire alle sue leggi severe e rigorose, ma anche arrivare a compiere atti riprovevoli. In suo nome, mi verrebbe da aggiungere.
La vicenda su cui si innesta il romanzo è uno di questi: un’effrazione con incendio nei locali parrocchiali della chiesa di San Leopoldo a Puntammare, paesino immaginario della Campania. Essendo il locale distrutto appartenente al Comune, il dirigente Varriale incarica il vigile urbano Niccolò “Nico” Baselice di impedire che il fatto rechi disturbo al Sindaco e alla Giunta Comunale.
Il vigile, protagonista della storia, risulta essere un anti-eroe, in quanto fa spesso brutte figure. O meglio, essendo la vicenda narrata in prima persona, ci ritroviamo spesso a leggere i suoi pensieri, che vengono disattesi dai fatti o dalle reazioni delle altre persone, con effetti parecchio comici. Baselice ha un rapporto difficile con Auriemma, l’altro impiegato del Comune incaricato come lui di buttare acqua sul fuoco. Personaggio misterioso ma interessante questo Auriemma…
L’autore padroneggia la lingua italiana attingendo a un vocabolario ricco, servendosi di uno stile sempre equilibrato che ne consente una lettura fluida e piacevole. Ne esce un bel romanzo, scritto davvero bene. Ci sono delle pagine dedicate alla risoluzione del cubo di Rubik ad intervallare i vari capitoli, in quanto è con quell’oggetto che Baselice si ritrova a ingannare il tempo in quel periodo. E anche un paio di riflessioni davvero interessanti, affidate a una giovane donna che lavora in municipio. Una di queste digressioni è sugli e-book, un’analisi a 360° del fenomeno.
Calabrò caratterizza bene i personaggi: poche righe e già ci sembra di conoscerli, di averli visti una vita intera. In questo ho ritrovato la stessa abilità di Francesco Abate nei noir di Rudy Saporito.
Qualcuno ha accostato questo libro di Calabrò a quelli di Andrea Vitali. Io ho potuto fare un confronto serrato tra questa prima prova con l’esordio di Malvaldi “La briscola in cinque”, avendoli letti a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro. Tra i due, dovendo scegliere, preferisco questo romanzo (e sento già i vecchietti del BarLume lanciarmi improperi in toscanaccio…).

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Collabora all'Opera Omnia di Panikkar e dirige la collana di filosofia "I Cento Talleri" con Diego Fusaro