lunedì 13 luglio 2015

L'intransigenza di Paolo Calabrò. Recensione di Emerson per "La stamberga dei lettori"


Precisiamo anzitutto che il sottotitolo del libro sta indicare che questo è il primo di una serie, tant’è che l’autore, in una sua intervista, precisa che il prossimo sarebbe già in procinto di essere pubblicato. In secondo luogo, con la dizione Dio perverso si fa riferimento al termine tecnico della filosofia di Maurice Bellet, con cui il teologo francese indica quella concezione della fede per cui Dio:
Dice di averti dato la vita, ma poi con tutte le sue proibizioni non te la lascia vivere, dice di volere il tuo bene, ma poi si compiace della tua sofferenza, che anzi dice di accettare di buon grado e offrirla a lui, e non si fa scrupolo di bastonarti, aggiungendo che te lo sei meritato, come si dice ancora oggi nell’atto di dolore.
ed è proprio in nome di un Dio che pretende obbedienza assoluta e acritica che gli uomini giungono a compiere talvolta le azioni più esecrabili.
La discussione sul piano teologico sarebbe ampia ma, volendo sintetizzare in maniera un po’ banale il concetto, si potrebbe affermare che l’affermazione che Dio è verità ed è anche infinita bontà esprime una contraddizione, perché la verità può essere dolorosa e talvolta la menzogna è da intendere come un atto d’amore. L’intransigenza a cui fa riferimento il titolo è quella di coloro che pretendono la verità a tutti i costi, senza se e senza ma.
Questo è un giallo un po’ anomalo di questi tempi in cui, specie in alcuni spettacoli televisivi e cinematografici, siamo abituati alla visione di scene del crimine sempre più cruente ed efferate al fine di richiamare l'attenzione dello spettatore più distratto. L’unica strage di cui si parla in questo romanzo è quella degli arredi nella parrocchia della chiesa di San Leopoldo nella cittadina di Puntammare (nome di fantasia) nel catanese. Sembrerebbe solo un atto di vandalismo, sennonché l’amministrazione comunale, proprietaria dell’immobile, potrebbe essere chiamata a risponderne, dato che non si trova il verbale di consegna delle chiavi della struttura alla parrocchia.
Ed ecco allora che vengono chiamati a indagare, al fine di liberare l’amministrazione comunale da ogni responsabilità, due dipendenti: Nicola Belice, vigile urbano, e il misterioso Maurizio Auriemma, impiegato tributario. Non è loro compito trovare i colpevoli, come asserisce uno dei protagonisti, precisando, peraltro:
Ma il fatto è che, se veramente vogliamo puntare sul nostro obiettivo, cioè sventare un'accusa di negligenza nella gestione della rettoria, non possiamo far altro che seguire le tracce del colpevole.
I due, pur condividendo lo stesso ufficio, non hanno mai avuto affiatamento e ciò crea situazioni paradossali sottolineate dalla vena ironica dell’autore. Ma dal contatto forzoso fra i due improbabili investigatori, che rifiutano di seguire la pista battuta dalle forze dell’ordine, sembrerebbe alla fine scaturire un rapporto che potrebbe essere definito di amicizia.
Calabrò è bravo nel caratterizzare i personaggi, nel centellinare gli indizi nelle indagini che porteranno alla risoluzione del caso e nella costruzione dell'intreccio. Il fatto che le indagini siano portate avanti non dalle forze dell'ordine, ma da dilettanti quali sono i due dipendenti comunali, fa passare in second'ordine la superficialità degli interrogatori dei testimoni. L'autore è abile anche nella esposizione di dialoghi che, pur vertendo a volte su questioni teologiche, non si avvicinano mai all’infodump, risultando invece piacevolmente caustici.
Il romanzo tratta argomenti profondi pur sotto una veste ironica e talvolta scanzonata che rende divertente e scorrevole la lettura.
L'unica cosa che non ho apprezzato da parte dell'autore è stato il far sbagliare volutamente il nome di qualche personaggio a uno dei protagonisti, dato che la cosa più ostica per il lettore è, almeno inizialmente in un romanzo, proprio quella di memorizzare i nomi dei personaggi.
Forse è eccessivo chiamare questo giallo "filosofico", essendo sufficiente il termine "psicologico" a inquadrare il genere, ma è la dimostrazione, qualora ce ne fosse bisogno, che un autore da il meglio di sé quando tratta la materia che conosce.
Oltre che a Calabrò, complimenti anche a Sybil von der Schulemburg (scrittrice di discreto successo) che ha curato l'editing, non avendo personalmente rinvenuto alcun refuso, cosa abbastanza rara nelle pubblicazioni di un piccola casa editrice.

(«La stamberga dei lettori», 13 luglio 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Collabora all'Opera Omnia di Panikkar e dirige la collana di filosofia "I Cento Talleri" con Diego Fusaro