giovedì 25 giugno 2015

L'intransigenza di Paolo Calabrò. Recensione di Alessandra Peluso per «Affari italiani»


Un noir insolito quello di Paolo Calabrò dalla nervatura metafisica, “L’intransigenza. I gialli del Dio perverso” (Il Prato Editore). L’autore affonda la lama della scrittura su tematiche che calzano la società attuale, quali imbrogli e ingiustizie.
Nel piccolo paesino del casertano, Puntammare, divampa un incendio nei locali parrocchiali della chiesa di San Leopoldo, rettoria di proprietà comunale. La reazione del sindaco non è quella di scoprire la verità e ricercare le cause, ma si preoccupa che la giunta municipale non resti invischiata in questa vicenda.

Il giallo di Paolo Calabrò ha un sapore filosofico; un po’ come lo zenzero, il metodo filosofico riesce a mandar giù i bocconi amari e a comprenderne il senso. Coinvolgente, ironico, accattivante è “L’intransigenza”, una condizione estrema, per lo più fuorviante, che paradossalmente assume le caratteristiche di normalità, persino di giustizia. È qui, che si snoda la storia e la perversione di un Dio, capace di ispirare nella migliore “buona fede” le azioni più ignobili.
Paolo Calabrò ha un incedere calibrato, ogni episodio è scandito da un tempo diurno alternato a specifici algoritmi riguardanti la formazione delle facce nel cubo di Rubik.
È un noir insolito, dal sapore mediterraneo che invade il racconto, al passaggio cadenzato di una mente filosofica - come se ad un certo punto - appare al lettore l’Astuzia della Ragione di Hegel, o la mano invisibile di Smith. Il tutto condito da situazioni esilaranti, melodrammatiche.
Ecco allora, si legge: «Una strana coincidenza, dici? Non ci vedo niente di strano. E poi la vita è piena di coincidenze, fa lui mettendosi a pensare. Un investigatore non può credere alle coincidenze, dice con determinazione, come se fossimo in un giallo al cinema» (p. 87). In realtà, più che coincidenze, sarebbe più opportuno parlare di corrispondenze che è l’individuo stesso a creare dal proprio profondo pensiero, oltre ad un pensiero superiore che riguarda il corso della Vita e alla quale non è ragionevole opporsi.
“L’intransigenza. I gialli del Dio perverso” di Paolo Calabrò non si assoggettano, non sembrano adattarsi ai canoni classici del genere. Tra protagonisti che hanno sempre un secondo fine e donne alle quali non si riesce a far parlare, si scopre una mentalità collettiva capace di mietere più vittime dei singoli moventi.
«L’atrio del municipio sembra un cantiere della metro: enorme, polveroso e vecchio di trent’anni, come tutti i lavori pubblici del nostro ufficio tecnico. Qui sembra che, per il resto, non sia successo niente: l’episodio della rettoria non ha toccato nessuno, tutti sono al lavoro solito, che non è stato stravolto, né modificato, né rallentato. Soprattutto, sembra che non stia per succedere niente: eppure, se quello che mi ha detto Antonio ieri sera è vero, è impossibile che non se ne sia ancora al corrente. … Sembra la mattina di un martedì qualunque. Quello in cui ci si può mettere a parlare di calcio dopo un posticipo di campionato» (p. 131). Qualunquismo e indifferenza sono “modus vivendi” di questo paesino del casertano, ma possono essere estendibili ad una società odierna così tanto sovraesposta a omicidi, malaffare e quant’altro, da risultare inconsapevoli o incapaci ad agire per mutare il corso degli eventi.

(«Affari italiani», 25 giugno 2015)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Collabora all'Opera Omnia di Panikkar e dirige la collana di filosofia "I Cento Talleri" con Diego Fusaro